Cartella di pagamento illegittima senza l’indicazione dei riferimenti normativi degli interessi

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA N. 34634 DEL 24 NOVEMBRE 2022

Cartella da controllo automatizzato: va motivato il calcolo degli interessi

<< Se la cartella di pagamento costituisce il primo atto con cui l’Amministrazione finanziaria porta a conoscenza del contribuente la pretesa riguardante gli interessi, l’atto deve obbligatoriamente indicare, oltre all’importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza necessariamente specificare i singoli saggi periodicamente applicati o le modalità di calcolo. In mancanza la cartella è illegittima limitatamente al computo degli interessi. >>. E’quanto ha affermato la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 34634 del 24 novembre 2022, la quale esprimendo un principio di diritto in linea con quanto stabilito dalla recente pronuncia delle SS. UU. n. 2228/2022 ha ritenuto che, in caso di mancata indicazione delle modalità di calcolo degli interessi, dell’indicazione del capitale e del tasso di interesse applicato, la cartella può essere legittimamente impugnata, perché il contribuente deve essere messo nelle condizioni di comprenderne il contenuto, le motivazioni, le causali e le voci riportate.

In particolare, la controversia originava dalla notifica di una cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, per riprese IRAP ed IVA relative all’anno di imposta 2008 prontamente impugnate da parte di una società di capitali. La causa è giunta dinanzi al Collegio Regionale che, a parziale riforma della sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso della società, annullava la cartella impugnata limitatamente al computo degli interessi.

Ecco che, l’Ufficio ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione lamentando violazione dell’art. 7 della Legge 27 luglio 2000 n. 212 e dell’art. 3 della Legge 7 agosto 1990 n. 241, per aver la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto necessaria la motivazione della cartella in ordine al procedimento di calcolo degli interessi.

Gli Ermellini hanno ritenuto infondato il ricorso proposto dalla ricorrente e lo hanno rigettato.

Sezioni Unite della Corte di cassazione  Sentenza n. 22281 del 14.7.2022.

Giova ricordare a tal proposito, che le Sezioni Unite citate avevano precisato la sussistenza di due contrapposti orientamenti giurisprudenziali sulla nota controversia giurisprudenziale relativa al rapporto tra l’obbligo motivazionale della cartella di pagamento e il calcolo degli interessi richiesti per il ritardato versamento dei tributi.

Secondo un primo indirizzo, elaborato inizialmente con riferimento agli interessi reclamati con la cartella di pagamento emessa ai sensi degli artt. 36-bis, DPR 600/1973 e 54-bis, DPR 633/1972, sulla base delle risultanze esposte dai contribuenti in dichiarazione, non sono necessarie specifiche indicazioni sul punto, posto che il contribuente si trova nella condizione ottimale per poter agevolmente individuare i tassi d’interesse previsti dalla legge per il debito fiscale nascente dalla dichiarazione: e infatti, dal momento che il criterio di liquidazione degli stessi risulta predeterminato dalla legge, la relativa applicazione si risolve in una mera operazione matematica.

Secondo altro indirizzo giurisprudenziale, qualora la cartella di pagamento pone in riscossione per la prima volta gli interessi, deve recare una specifica motivazione in relazione agli interessi reclamati al fine specifico di garantire al contribuente, da un lato, una conoscenza reale e analitica di ogni pretesa fatta valere nei suoi confronti, e, dall’altro, l’effettivo esercizio del diritto di difesa.

Quando il contribuente legge una cartella esattoriale, infatti, solitamente non è in grado di comprendere le causali di tutte le voci in essa indicate, e ciò non per sua ignoranza ma a causa della osticità con cui sono redatte. Infatti, le cartelle esattoriali celano spesso al loro interno delle spese che non trovano giustificazione espressa in alcuna norma, in altri casi invece non rendono chiare le modalità di calcolo: è il caso degli interessi applicati.

Ecco che, agli interessi che “maturano” dopo la notifica in realtà vanno aggiunti anche quelli che sono stati già applicati dall’Ente creditore all’atto della formazione del ruolo poi consegnato all’agente di riscossione.

Ebbene, spesso le cartelle riportano solo il totale dovuto a titolo di interessi senza specificare il tasso applicato e le modalità di calcolo. Di conseguenza, senza l’indicazione del tasso applicato il contribuente non è in grado di verificare la correttezza del calcolo e pertanto, di difendersi adeguatamente.

Tale prassi va in conflitto con il principio di trasparenza e del diritto di difesa del contribuente e quindi in contrasto con l’obbligo di motivazione previsto dall’art. 7 della L. 212/2000 (statuto del contribuente). L’obbligo di motivazione impone all’agente riscossore di indicare il periodo al quale si riferiscono gli interessi ed il criterio di calcolo per ciascun anno di riferimento. In assenza di tali indicazioni è impossibile il controllo sulla legittimità della pretesa ed il contribuente non è in grado di verificare l’iter seguito per l’applicazione degli interessi.

Ed allora, la cartella esattoriale deve sempre essere motivata in modo che il contribuente conosca specificamente le ragioni del recupero e le possa tempestivamente impugnare dinanzi le competenti Commissioni Tributarie.

A tal proposito, la Corte di Cassazione – Sez. V Civile – con la sentenza n. 26330 depositata il 16/12/2009 ha correttamente stabilito: “Conformemente all’orientamento della Corte Costituzionale (sentenza 229/99 e ordinanza 117/00), questa Corte ha avuto modo di precisare, con giurisprudenza dalla quale non vi è motivo qui per discostarsi, che l’obbligo di una congrua, sufficiente ed intelligibile motivazione non può essere riservato ai soli avvisi di accertamento della tassa (per i quali tale obbligo è ora espressamente sancito dall’art. 71, comma secondo bis, del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, comma aggiunto dall’art. 6 del D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32), atteso che alla cartella di pagamento devono ritenersi comunque applicabili i principi di ordine generale indicati per ogni provvedimento amministrativo dall’art. 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 (poi recepiti, per la materia tributaria, dall’art. 7 della Legge 27 luglio 2000, n. 212), ponendosi, una diversa interpretazione, in insanabile contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., tanto più quando tale cartella non sia stata preceduta da un motivato avviso di accertamento (ex plurimis, Cass. 15638/04)”. Nello stesso la sentenza n. 8934 depositata il 17/04/2014 che ha confermato l’annullamento di una cartella esattoriale priva di adeguata motivazione.

Orbene, la riflessione sviluppata dagli Ermellini con la sentenza 22281 del 14 luglio 2022 (Cassazione, Sezioni Unite) prende avvio da una considerazione, condivisibile, che insiste nell’individuare l’esatto significato da attribuire ai termini “presupposti di fatto” e “ragioni giuridiche” enucleati dal disposto dell’art. 7 della L. 212/2000, che fonda l’obbligo di motivazione degli atti tributari ed è espressione di principi immanenti dell’ordinamento giuridico, al fine di comprendere se sia necessario che l’agente della riscossione espliciti – oltre ai riferimenti normativi e alla data di decorrenza – anche i criteri di calcolo adottati e i tassi applicati, rendendo così necessario il bilanciamento tra divergenti interessi costituzionali.

Conclusioni

Alla luce di quanto appena esposto, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 34634 del 24 novembre 2022, ha definito con precisione la situazione per cui può essere considerata illegittima.

Le cartelle esattoriali illegittime sono tali quando costituiscono il primo atto con cui il contribuente viene notificato della presenza del debito, tuttavia vicino alla richiesta di pagamento degli interessi, non viene specificato il riferimento normativo sugli stessi.

In mancanza di tali chiarimenti, specificati all’interno della stessa cartella esattoriale, questa può essere considerata di fatto illegittima.

Avv. Iolanda Pansardi

BP Studio tributario & societario

Brindisi – Monopoli

avvocati specializzati in consulenze avvisi di accertamento/cartella di pagamento

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